giovedì 21 marzo 2013

Scritti passati, emozioni immutate

Sulle note di Garry Schyman - Praa
Una volta scrissi:
"La musica è vita e morte. Crea infiniti motivi per provare a vivere e infinite ragioni per accettare la morte"
Molto Zen, molto vero. Pacca sulla spalla.

E con in sottofondo un pò di buona musica, mi ritrovo a scartabellare (come capita spesso...) vecchie pagine sporche di parole scritte a casaccio.

"E le stelle stanno a guardare". "A. J. Cronin". Tento di farmi spazio nei meandri della mia mente, provando a ricordare qualcosa riguardo a quel nome, come se cercassi un appiglio su una nave destinata ad affondare. Di questo libro me ne ha mai parlato? Se si, quando? In quale occasione le sue labbra mi narravano i caratteri stampati su quei fogli?
Per mia fortuna è la sua voce che spezza il drammatico silenzio.
- Lo sto rileggendo... -
- Ah... l'hai già letto?- come un attore mi limito a ripetere le frasi già scritte di un copione immaginario
- Si, più volte. Ma voglio provare a capirci qualcosa -
- Come? La prima volta non...-
- No. Voglio provare a capirci qualcosa della vita. La vita non va mai come vorremmo, è solo un lungo ed estenuante susseguirsi di tentativi. Un continuo provare a tirar fuori qualcosa di decente.

Non c'è più nessuna frase sul mio grezzo copione.
So che se adesso tornassi indietro troverei il suo volto coperto di lacrime. No. Sarebbe un colpo che non potrei sopportare. Questo è troppo per me. E so bene che è troppo anche per lei. Ripercorro i miei passi a ritroso. Meccanicamente. Un automa privo di una qualunque forma di percezione, ad eccezione di una sorta di vibrazione che si fa strada dal mio orecchio, attraverso il timpano, fino al cervello, per poi essere rimandato in quel punto del petto dolente. E' il rumore della porta dell'appartamento della donna che amo che si chiude alle mie spalle.

- Liberamente tratto da Scritti Incompiuti -

venerdì 8 marzo 2013

Sulla collina dei pensieri

In passato è sempre stato così. Se mi avessero chiesto di sparare, l'unica mia paura sarebbe stata quella di mancare il bersaglio. 

Di tanto in tanto mi piace divincolarmi dalla mischia. Mi prendo il lusso di spostarmi. Raggiungo quella collina laggiù, defilata, ormai brulla per i troppi bombardamenti. Dimenticata da tutti, cancellata dal mondo. L'odore di cordite è aspro, pungente, ma io sporco feticista respiro a pieni polmoni quella scia nefasta lasciata dalla Signora Morte.
Su questi pendii non ci sono fiori, emergono soltanto mucchietti di cenere fumante. Nessuna casa, nessun respiro di vita. Forse non esiste nemmeno la collina, forse neanch'io sono reale. 
Ma non sono solo, no. C'è la pioggia, mia vecchia e fedele compagna. 
Si, perchè anche il cielo, come me, qualche volta piange.
Mi fermo ad ammirare il paesaggio, a scrutare il campo di battaglia e la nuova prospettiva si staglia con forza nella mia mente.
Mi accorgo che è solo questione di tempo, il nemico è inarrestabile e la sconfitta inesorabile.
Si tiene a stento la posizione, qualche volta -ahimè troppo spesso- bisogna arretrare, per poi trincerarsi di nuovo. Mai si riesce ad avanzare.
Siamo stremati. Siamo rimasti in pochi.
Ma dove sono tutti? Hanno scelto di non combattere? Si sono accomodati a qualche compromesso?
Forse sono là dritti davanti a me, dietro la barricata nemica, inconsapevoli a formare la prima linea, pronti ad attaccarmi.
E tu dove sei? 
Vorrei averti qui al mio fianco solo per rassicurarti. "Andrà tutto bene". Vorrei che fossi tu a chiedermi di proteggerti, perchè posso farlo, perchè voglio farlo.
Non ho tempo di stare a pensare, sta per arrivare un altro assalto. Punto i piedi e irrigidisco la schiena, aspettando l'onda d'urto. Avanti! Son qui che aspetto!
Calcio fermo sulla spalla, occhio fisso nell'ottica. 300 metri, niente vento.

Ora, con il nemico alle porte, le mie certezze vengon meno.  Mille sagome mi vengono incontro, mille volti... e l'unica paura sarebbe quella di vedere anche il tuo...